“Dimmi la verità, tu una linea di pazzia ce l’hai?!”
“Ahahah: può anche darsi”
Adesso le cose brillano, l’inclinazione del sole è cambiata, la primavera è una qualità alto medioevale dei colori. Interna e strana. Il bar all’angolo della Trionfale è disinvolto. Il trench della vicina passeggia senza corpo e Moon, il Siberian husky del dirimpettaio, sgrana gli occhi di ghiaccio con una dolcezza nuova.
Mi sono innamorato di tre donne. Vorrei vederle nude ma non è arrivato il momento
La prima mi fa sentire elettrico quando ci parliamo al telefono, anche se non ci siamo ancora incontrati. Ha una voce che passa rapida lungo la schiena e mi fa eccitare. La seconda mi ha fatto superare la naturale indifferenza per le aristocratiche di campagna dai modi un po’ sempliciotti. Ha labbra piene che vorrei mordere fino a romperle. La terza, bè… La terza ha la poesia dentro. Gesti minimi, acquerelli giapponesi di un erotismo perturbante, che ti invitano a penetrare nelle stanze silenziose e profumate della geisha. Ambienti divisi da separè in carta di riso. Ha anche un bel paio di tette però!
Quando ero più ideologico nelle scelte mi sarei trovato in mortale imbarazzo, oggi mi godo questa trilobatura al netto dei sensi di colpa. La carezza feriale che riscalda il guado. Bagnato fino alla vita, per quella metà che resta fuori dall’acqua, sorrido.
Qui nella Capitale non sono nemmeno una faccia, nemmanco una storia. Per uno dei miei amici sono la cartina di tornasole delle frustrazioni, la sepsi nelle sue scopate tristi (dice che mi pensa prima di certi orgasmi!). Non gliene può fottere meno dell’anima di quei manichini che colleziona, ma di raccontarlo a me gli sta particolarmente a cuore.