Arricogghiti. Torna a casa. Nesciiddocu. Esci da qui
Non ci nne ‘ppi nuddu. Non ce n’è per nessuno. Sunu i maccarruni ‘cca lingunu a panza…
Lui è davanti a me e usa le parole del porto. Quelle della concretezza. Le frasi di chi se ne va. Sono abituata a chi se ne va. Ad aspettare e a perdere. Lui è già partito, anche se ancora mi guarda. Io l’ho battuto sul tempo. Stiamo preparando le restituzioni, svuotando i cassetti e i file del computer con le fotografie. Cancellare è un gesto minimo. Questa è vera economia: grandi risultati con scarsa fatica.
Il tuo amico Ettore è già arrivato per il trasloco, conosce l’antagonista. Conosce il cuore che ti ho sputato addosso. Conosce te
Ho seppellito Ravel nel giardino e sotto di lui l’anello che mi hai regalato, così nessuno potrà trovarlo. Questo è nesciri. Uscire. Adesso stiamo viaggiando, le nuvole sono basse come nei paesaggi fotografici dell’Arizona. Ettore allunga la mano verso la mia coscia e l’accarezza. Non mi ritraggo. Non voglio lui. Eppure voglio che mi desideri. Mi aggrappo al suo volermi. Alla radio Like a stone. Il mondo mi sembra diverso e imperfetto. Anche il corpo ha cambiato i confini; è più piccolo. Occupa uno spazio concentrato sul sedile anteriore.
— “Come stai?”
— “Bene”
— “Sei sicura”
— “Sì”
— “Hai voglia di parlare”
— “No”
— “Devo dirti una cosa…”
— “Ravel l’ho ammazzato io”
Se non l’avessi fatto non saresti qui. Con me. Era la cosa più giusta per te. Per noi. Per il futuro che ci aspetta. Eri così attaccata a lui. Non te ne saresti mai andata se fosse stato ancora vivo.
Ciatu. Fiato. Mi votu e mi rivotu senza sonnu. Mi volto e mi rivolto senza sonno.
Se l’essere umano si estinguesse, la natura si riapproprierebbe senza problemi dello spazio lasciato libero. Questo pensiero è per me di assoluta consolazione
(Vitaliano Trevisan)
Lo sente come la quindicenne che fa entrare il compagno di classe nella sua stanza e nel suo corpo. Tiene un diario dove raccoglie cose importanti e segrete. Quindi non può avvicinarsi. Questa sensazione di intimità proibita e lancinante. Lo sa: anche lui lo pensa. Pensa: “interdetta”. O forse, più semplicemente, non pensa nulla e si limita a osservarla. Ci sono pochi passi dalla sedia al letto. Ma la velocità di lui è un’altra. Anche nei brani che gli fa ascoltare ci sono delle aree di disturbo. Per fortuna lo divertono
Sua madre le ripete al telefono che si butta via. Il tempo la trascina con sé e trova faticoso opporsi.
Si deplora. Lo ha invitato a cena, è venuto. Lui ha mangiato un hamburger, lei salmone. Lei ha bevuto tre calici di vino per allentare la tensione. Hanno riso e parlato. Lui molto meno di lei. Ha evitato di guardarla dritto negli occhi. Non sa, comunque, se a mancare di raggiungerlo dipenda da una sua negligenza. Da un’ostruzione nello spirito d’iniziativa. Qual è il suo ritmo?
Guardala, è la Natura. Una natura coltivata. Come l’argine attraversa la campagna: «Ti raggiunge. Ti sposti». Le rogge si sono riempite così tanto d’acqua che il terreno la vomita in superficie. Le zanzare della pianura li divorano, mescolando il loro sangue
Le giornate sono afose e queste temperature, ne è certa, lo deprimono e lo stancano. Gli fanno desiderare di svincolarsi dalle passeggiate e dagli appuntamenti. Più semplice incontrarla in luoghi senza particolari caratteristiche. Anonimi e traslucidi come autogrill. Lei canticchia Sóley e pensa: “Sei un alieno”. Però lei si è adattata e perduta: “Tu no”, dice. Parlando a se stessa.
— Non ti lascerò andare prima che tu mi abbia benedetto!
— Posso solo danneggiarti se ti tocco
— Tu puoi salvarti e… Salvarmi
— Il tuo è un atto di arroganza. Infantile
— Non è così
— Come fai a esserne certa?
— Sono solo innamorata. Ma non c’è più grandezza nemmeno nei grandi
— Essere pagato per quello che faccio è l’unica grandezza che conosco. Ma non sono in vendita, semmai in affitto…
Quel fatto di parlare a un morto resta una prova di carattere. Attraversare il rifiuto era, in ogni caso, quel tipo di tentativo che avrebbe preferito di gran lunga risparmiarsi. Il silenzio di un morto resta una condizione che chiunque vorrebbe evitare. Un’interruzione che devia il percorso nell’età dei ripensamenti. In qualche modo frutto della decadenza fisica e del fuoco. Un incendio la brucia e dovrebbe generare nuove arborescenze, lungo le zone morte. Così l’ostacolo è biblico. E l’angoscia il pegno che lascia a lui, per essersi spinta nella direzione sbagliata. Lei non sa più tornare a casa. Una casa che manca. Dopo cena si è aperta una possibilità. Infine, una lotta interiore con vecchi fantasmi e angeli vendicativi. La bambina è chiusa nella stanza e ha paura. La donna è inadatta ad andare da lui, a scoparselo o a farsi scopare: in questa prova c’è il fastidio dell’altro e l’attesa di una terra promessa sulla quale riposare. Prima o poi.
Giacobbe gli chiese: «Ti prego, svelami il tuo nome». Quello rispose: «Perché chiedi il mio nome?» E lo benedisse lì. Giacobbe chiamò quel luogo Peniel, perché disse; «Ho visto Dio faccia a faccia e la mia vita è stata risparmiata». Il sole si levò quando egli ebbe passato Peniel; e Giacobbe zoppicava dall’anca.