Sei anni, tre mesi e da nessuna parte

Sei tornato perché non potevi fare diversamente. E io ti ho aspettato perché nemmeno io potevo fare diversamente. E sapevamo entrambi che ci saremmo incontrati ancora una volta, e che poi sarebbe stata la fine. Della vita, e naturalmente di tutto ciò che ha dato un senso alle nostre vite e le ha mantenute in tensione fino a questo momento. Perché un segreto come quello che esiste fra te e me possiede una forza singolare. Una forza che brucia il tessuto della vita come una radiazione maligna (Le Baraci, Sándor Márai)

Giorno 13 le daranno l’esito dell’esame. Questa volta le hanno fatto un piccolo buco all’altezza del cuore. La prima ha chiesto se un grande dispiacere poteva fare questo, poteva farla ammalare. Il giovane medico aveva detto di sì: era possibile

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La enfermedad de domingo, Still from film, Ramón Salazar 2018

La settimana scorsa le hanno fatto una lettura jodoroskyana dei tarocchi – strano eh! – e il suo atto psicomagico sarebbe stato scrivergli, quindi ha obbedito. Ora non è che sia rimasto molto della verità e nemmeno del segreto che li legava attorno quella tomba calata nella terra. Certi ricordi sono stagnanti, non provocano né dolore né rabbia, hanno soltanto l’effetto eco di paralizzare gli eventi; le persone che vengono sono chiamate a sconfiggere quell’aria malsana e le forme rinsecchite dei fiori dentro un vaso cimiteriale. In realtà non ha un granché da dire, il mistero è in quello che non dice, ed è troppo orgogliosa per fare discorsi di circostanza rivolti allo spettro di chi se n’è andato. Ha aspettato moltissimo tempo di chiudere l’archivio e liberarsi, poiché farlo da sola non le riusciva, quindi ha fissato un appuntamento col fantasma, per il 21 dicembre: lo stesso giorno in cui ci aveva parlato per l’ultima volta. Sembra patetico, ma lei è nata col vizio del teatro e un certo grado di pathos e messa in scena è essenziale al funzionamento della macchina narrativa. Le spiace che il male non li abbia fatti ridiventare umani, non amici badate bene, sarebbe bastata la riconoscenza per quegli anni di grazia e complicità, di bevute e stanze d’albergo, che l’abbandono ha avuto l’effetto di intaccare in modo retrospettivo e inesorabile. Così come sa che è stato meglio finire senza spiegazioni e, anche se lui l’ha spinta ad agire ritirando in seguito il carico di ostilità passiva che ci aveva messo, si è trattato infine soltanto di operare un taglio e dimenticare con più lentezza. Certe volte però lo sogna, l’ultima piangeva, come ha fatto stasera, e Raimondo Vianello, dal salotto della sua casa in Svizzera, le chiedeva di confessargli il motivo delle lacrime: “Si piange così per un morto”, aveva detto

Crede che la ragione sia il desiderio di muovere questa energia dei ricordi, che non si staccano dal punto in cui li ha circondati il silenzio. Non si ama per sempre, avviene la stessa cosa agli altri sentimenti, compreso l’astio.

Avidità

Il mostro ha mangiato il suo corpo. Gli è rimasta solo la testa, che non può divorare se stessa

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Annette Messager, My Vows

Sono dentro una cella. Ci sto da un poco di anni. La porta è aperta, i secondini fanno la siesta ma non me ne vado. Ho il cuore gonfio perché non ispezionano, non si curano di controllare. Sorvegliano per una questione di ruolo e di statistiche. Devono riportare i miei movimenti a un direttore che non ho mai incontrato. Io non mento, l’ho fatto in passato. Tante volte. Questa volta potete credermi: in questa cella sono io a non uscire

Dio mi guarda e potrebbe infliggermi una pena misteriosa. Peggiore della permanenza in un luogo grigio. A dire il vero sono costretta a contenere le reticenze per evitare l’aggressione, l’umiliazione del rifiuto del padre supremo. Quel padre che con il libero arbitrio ha rotto il cazzo. Non siamo liberi, possiamo scegliere la prigione di fuori o la prigione di dentro, capisci?Forse merito le sbarre, le sentinelle, la sbobba e il resto. Come è giusto che qualcuno mi raddrizzi. Una spallata qua, una sculacciata là. Fantasie, o sragionamenti. Mi metterò l’anima in pace, posso ancora resistere; in fondo ci si adegua, si congela il congelabile. Non sono che bizze, capricci. Sto bene, sono in gran forma. Cambio i poster, abbraccio la gerbera. Le rovine mi tranquillizzano. Gli spazi perimetrati, due per due, mi consolano. È necessario senta l’universo perduto, l’insulto scagliato in faccia alla guardia in procinto di ridurre in poltiglia il mio naso, o la sedizione fra compagne e l’occhio nero che qualcuna potrebbe farmi. Se proprio voglio avere l’ultima parola, qualcuna qui potrebbe non gradire. Passa anche questo. Torna la nuvola sul rettangolo del cortile. E poi di nuovo il sole