La parte

Non importa quante lauree, quanti diplomi, quanti sport hai praticato, né se hai i sacramenti, o se credi in un Dio buono o scellerato. Non importa se la piega della tua bocca è a marionetta o ti imbronci come Lolita (fuoco dei miei lombi). Non importa se sali sul carro del vincitore o gli dai fuoco. Non importa se i tuoi occhi brillano o hai saputo scegliere la geometria dei tuoi occhiali. Non importa se ti ubriachi o ti mangi le unghie, ti strappi i capelli uno per volta o temi che gli spaghetti al pomodoro possano annodarsi ai tuoi visceri. Non importa se hai la cellulite, o se sognando di pisciare hai bagnato il letto a quarant’anni. Non importa quanti profili fake hai su Facebook, né se spii l’ex. Non importa. Sólo di te mi importa ora

Non è la lunghezza delle gambe. Non è la carnosità della bocca. Non è la grandezza dell’Ego. Non è quanto sei puttana. Non sono i libri che hai letto. La quantità di disgusto importa sì. Non importa quanto dritto hai il naso né se ti hanno tolto le tonsille, i denti del giudizio e l’appendice. Non importa se hai le sopracciglia folte. Non importa se paparino ti ha amata ma può essere importante se ti ha messo una mano tra le gambe. Sarai il progetto di uno spermatozoo agguerrito e di un ovulo che conserva i tesori e gli orrori di famiglia. Volevo me. Volevo te. Mi aspetto un miracolo che ripari la collana dei giorni. Il tempo in dormiveglia si è insinuato nell’afrore delle ascelle. Il mio amante mi trascura. A me preferisce evasioni virtuali e piccole umiliazioni indirizzate alla differenza d’età. Se dorme al tuo fianco quello che non ti vuole, la tua carne avvizzisce, si accartoccia, prende l’abitudine all’invisibilità. Ora però so che a vincere è il mio pensiero, contro profezie e calcoli. Ho corteggiato il male per farmelo amico senza mai trovare sollievo nè cavarne profitto. Ero una bambina intatta, con enormi crisi d’ansia. Intorno a me vedevo gemiti e ricatti, così la mia eccessiva sensibilità è stata deformata da un calore freddo che mi porto addosso sempre. Le mie avventure cominciano qui. Dopo avere deviato lo sguardo dall’abbisso e avere trovato un gioco perfetto. Il gioco dei giochi. La campagna di Waterloo per un cuore inaridito dall’ideale. Mi guardo intorno e l’unico sollievo è scrivere. Nessuno può impedirmelo, nemmeno il mio clan. Fui mandata a studiare pianoforte per distogliermi dal disegno e dalla pittura. L’arte non è mai stata contemplata fra i piani di famiglia. Tutt’al più un hobby, un passatempo a contorno dell’ottenimento di un posto nella meglio società. Mi accorgo di avere sparigliato i calcoli per il godimento di Gatsby, di avere rimandato al padre il messo con i nuovi accordi di resa, mai per corteggiare la rovina o qualche raffinata variante di autosabotaggio. I miei maestri mi hanno più volte indicato la strada: scrivi di ciò che conosci. Io conosco solo me. Il mondo è un territorio ostile e desolato. Non ho gradito abitarci se non con gestione e controllo. Fino a qui non c’è stato verso di sentire che la luce del riconoscimento potesse accendere il suo riflettore sullo spirito del quale sono dotata. La mia è una battaglia da camera, ininfluente. Temo la solitudine come il predatore notturno. Per questo sono sola. Per questo ho vissuto una vita straordinaria ma pur sempre da camera

Il passato è il futuro del tuo presente

Ci sono storie che iniziano dove si rompe la persona. Che so: lei ha perso la casa e si è suicidata. Scena di lei bambina che gioca con il triclo. Scena di lei pensosa sulla spiaggia. Lacrime della madre, lacrime del fidanzato e della migliore amica incredula. Loro non sapevano e nemmeno avevano dedotto verità emotive. Però, aleggia la certezza che già nell’immagine con il triciclo fosse contenuta la tragedia. Passa nella testa dello spettatore che l’orribile taglio di capelli a testa di monaco cistercense fosse un prodromo del rifiuto alla sulla vita a venire. Sulle spiagge mediterranee, alle porte della bella stagione, ci annoiamo in compagnia dei gabbiani conficcati sulle pietre nere. La vita scorre, il paesaggio è dolcemente inerte, i ritmi molli, l’animo oppresso e leggero al contempo. Il vicino urla che ‘Lui lo sa’ e decifrare questo sapere è profetizzare un male nascosto sotto la luce dell’imminente bella stagione. Gli diresti: Cosa sai tu, e se il passato fosse il futuro del tuo presente? 

Mai visto un cielo così

C’era tutto. La montagna, le stelle, la pienezza della luna. La noia di un amore contrastato. La sensazione di essere api operaie, sazie di feste solitarie. Stare insieme legati da un baccello virtuale di sacrificio, con la personalità frammentata dalla paura del giudizio sociale. Era stata una sfida raggiungere l’isola, restare impigliato nel mare in inverno, senza nemmeno un bar dove curare i litigi da eccesso di convivenza. Quelli che non erano stati deportati arrivavano per un bicchiere di vino, per un piatto caldo o per qualche pettegolezzo che sarebbe diventato di lì a poco robaccia da fare scivolare nel tritarifiuti. La luce stava crescendo su questo segmento longitudinale, ma il senso di irreversibilità era retto, a picco. Potevamo credere in uno scopo? Un uomo risvegliato non cede alle illusioni, smette di volere cambiare la realtà e la attraversa venerando i dettagli. La luce sulla stessa montagna, che cambia a ogni stagione, un passero dalla coda vermiglia, il fuoco perpetuo del disinganno, le carezze della notte, gli odori catarrosi delle bocche al risveglio, il sole perfetto sui coppi. Un nulla spazioso come il cuore.