Un errore di segmentazione (in inglese segmentation fault, spesso abbreviato in segfault) è una particolare condizione di errore che può verificarsi durante l’esecuzione di un programma per computer. Un errore di segmentazione ha luogo quando un programma tenta di accedere ad una posizione di memoria alla quale non gli è permesso accedere, oppure quando tenta di accedervi in una maniera che non gli è concessa (ad esempio, scrivere su una posizione di sola lettura, oppure sovrascrivere parte del sistema operativo). I sistemi basati su processori come il Motorola 68000 fanno riferimento a questi errori come errori di memoria o di bugs
(Wikipedia)
La Natura non è silenziosa, si limita a ignorarci. Dio non è in silenzio, ci snobba. Siamo troppo stupidi per destare il suo interesse. Nei momenti di pausa dal lavoro di cameriera, dal lavoro quindi, dal movimento continuo delle mani che mette a tacere il cervello, pensavo alla Natura e agli errori nel mio sistema
Le stelle ci guardano dalla stessa parte del mondo? Ho molta solitudine per vagare. E certe volte devo farlo. Con il dovere intendo la necessità di allontanarmi dal retro del magazzino del ristorante nel quale lavoro. Quel posto mi opprime anche a casa.
Trecentocinquanta euro in tutto. In nero. La cucina industriale da smontare e lucidare due volte al mese. Con il solvente per stalle. Le varici per il calore del forno. E il comì che mi segue quando vado a prendere la farina. Ci vado il mercoledì. La settimana scorsa mi ha avvicinato dicendomi che gli sembravo smagrita. Gli ho risposto sì, che era vero. Mi ha toccato il braccio. Il polso. Il viso. Avevo avuto l’influenza e la bronchite ma non ero mai mancata dal lavoro.
Ho un diploma da tecnico del computer. Ormai superato. All’epoca dei miei quattordici anni sembrava una buona idea. Un modo per parlare una lingua oggettiva che risolve i problemi. Poi i problemi hanno cominciato a parlare linguaggi non biunivoci. Non c’era più l'”and or not” booleano, né quello sequenziale delle righe di programmazione.
Alfredo, il comì, se n’è andato per qualche tempo, poi è tornato. Il suo cane è morto e lui ha avuto un piccolo esaurimento nervoso. Aveva quello da amare. Solo il cane l’amava. Per quanto nemmeno amare sia un verbo sicuro. Qualunque oggetto può scomparire, in un modo o nell’altro. Anche Alfredo quindi si è sciupato. Ha cominciato ad avere un tremito alla testa, che non lo lascia. Sono andata a vedere dove l’ha seppellito. L’ho accompagnato nel punto esatto del giardino che si trova dietro la casa, lì ha scavato una buca di un paio di metri e ci ha messo dentro il cadavere del cane. Lo ha seppellito abusivamente. Con il veterinario del Comune sarebbe costato troppo. In quel punto abbiamo guardato la terra smossa e mi ha toccato il braccio, il polso e ancora il viso.
Il mercoledì rimane un giorno difficile per entrambi.
RITUALI
di Eugenia Galli
A un certo punto ho cambiato rituali
È domenica mattina, sono in chiesa
tra i fedeli che procedono in fila
per il corpo di Cristo, per il corpo del Figlio
da ingoiare nell’ostia
Senza vino, per favore
ché ho paura del sangue.
All’altare quel prete censore
la inzuppa nel calice, la ficca in bocca
a me che ho dieci anni e sono astemia.
Beffardo o noncurante poi aspetta
che io torni alla panca, mi inginocchi
con gli occhi alti alla croce.
A quel punto non sapevo cosa fare. Sentivo l’ostia incollata al palato e quel sapore disgustoso in bocca. Ho aperto il libretto dei canti e l’ho sputata in mezzo a due salmi sperando di non essere vista.
Poi è arrivata una suora. Se n’era accorta. Senza una parola, con disgusto glaciale, ha aperto il libretto, ha preso l’ostia piena di vino e saliva e l’ha mangiata facendosi il segno della croce.
Me ne sono ricordata anni dopo
ingoiando lo sperma di qualcuno,
condannando così a non farsi carne
quei Figli dal sapore disgustoso.
Ero Tèreo re di Tracia che violenta la cognata,
ero la chiave del Conte Ugolino
che gira una volta alla porta
and turns once only
We think of the key, each in his prison
Thinking of the key
each confirms a prison
Era un Vangelo in breve
senza prendermi la briga della cena degli ulivi della croce.
Altare era il bancone al bar,
allora il vino l’amavo e il mio il rito
era uno scambio abituale: saliva
in fondo alla navata della sera,
schiacciata in mezzo a musica profana.
MI HANNO VIOLENTATA,
MI HANNO VIOLENTATA E MI HANNO STRAPPATO LA LINGUA
Ma ho imparato a tessere comunque la mia tela.
MI HANNO LAPIDATA COME SI CONVIENE A UNA PUTTANA
ED ERANO GLI STESSI CHE MI AVEVANO TOCCATA.
Ho perso sangue e sono stata zitta.
Al mio risveglio ero un usignolo.
Ho fatto colazione con le uova del mio nido
sbattute a bordo calice,
ho riempito il deserto col mio pianto
e poi ho finalmente preso il volo.