Le omissioni

“Mi chiedi di scrivere quello che ho fatto nella vita ma è impossibile”

“Perché?”

“Non mi ricordo. Non ricordo il momento in cui sono nato”

Mi hai chiuso qui per incontrare il tuo amante. Ho un debito di gratitudine che mi impediva di rifiutare. Ti ho sentita, in tre diversi intervalli di tempo. Eppure era come se dovessi; insomma mi sembravi poco convinta, sotto la spinta di un qualche tipo di dovere interiore. Intanto trattenevo il fiato, mi impedivo di tossire, ho tolto anche la suoneria al telefono e ho portato in camera una bottiglia per pisciare. Ho la sensazione che mi volessi spettatore, anche se non ho visto nulla del tuo appuntamento. I rumori sono storie. Da come si muove una persona in uno spazio intimo si possono capire molte cose. Lui ha lasciato un capello in bagno e ha fatto una doccia veloce. Una volta, dentro un vagone letto promiscuo, un uomo e una donna sconosciuti fecero sesso nonostante la mia presenza. Ero molto imbarazzato e finsi di dormire ma non ci riuscii. Non volevo sentire, però il mio udito era allerta come se fossi in un accampamento militare. Sarà per questo che mi hai chiesto di scrivere? Volevi che ti imprigionassi nelle parole del racconto della mia vita. Ne sono convinto. Mi piacerebbe sapere se ti stanchi. Se l’altro ti annoia nella misura in cui succede a me di sperare di cacciare via l’intrusa. Siamo macchine. Una volta finito quello non c’è bisogno di intrattenere rapporti di intimità. La tua ‘macchina’ ha funzionato bene nonostante tutto, perché c’era un testimone; un caposervizio a controllare che la prestazione si svolgesse nel migliore dei modi. C’ero io a cambiare l’esito.