Rari Nantes in gurgite vasto
(Virgilio, Eneide, I, 118)
In ambienti chiusi e locali di edifici si svolge gran parte della vita dei bianchi. L’aria è la stessa per tutti ma il modo di pensarla, le pause lunghe del respiro, la luce che entra attraverso gli occhi, no. La sala da parrucchiere in cui lavoro è un luogo chiuso, per quanto dallo specchio si veda il marciapiedi
Guardo le facce dei passanti.Talvolta le loro guance sono cadenti, le rughe sotto la bocca rendono i volti tristi come quelli delle marionette. Camminano fuori tempo. Non hanno la musica. Il ritmo. A me basta accordare la chitarra, pensare al deserto, alla distesa di sabbia e silenzio che porto nel petto. Ai giorni e le notti in cui non si incontrava nessuno. Alle conchiglie che pendono dalle mie orecchie
« Fatoumata, Fatoumata, fermati… »
« Mai »
Mi hanno detto che sono una strega, una poco di buono, una puttana. Non importa. Canto lo stesso. Lo faccio con gli accordi bassi Wassoulou, che penetrano nel ventre e lo riempiono. E penso agli occhi delle bambine, prima che il coltello recida il loro fiore. Quando diventeranno adulte sarà imbarazzante per loro trovarsi da sole con un uomo. Sarà il canto l’unico piacere. Ecco, appaiono le mani di mia madre che prepara il Mafé, le mani di cui mi fidavo. Così le sue litanie cominciano a scorrere impetuose. Clandestine. Un fiume dello stesso colore del coltello, con l’acqua della città dove vivo ora diversa e uguale a quella che mi ha portata a migliaia di chilometri da casa. Una casa data alle fiamme, nella quale non ci sono nè madre nè padre.
Se sono malata, la musica è il mio ospedale, la chitarra il mio medico, e non c’è Dio che possa togliermela senza uccidermi. Non c’è posto al mondo che sia straniero fino in fondo, se due uomini possono incontrarsi e suonare i loro strumenti. Non c’è uomo malvagio che non sia scosso e illuminato dal suono della lingua barbara, anche se non è la sua lingua nativa
Il deserto è stato creato affinché gli uomini potessero trovare la propria anima. La mia è rimasta lì. Fra le dune. Canta sul djembe, sul karignan e sui flé e nemmeno i kalashnikov potranno coprire la sua malinconia, il blues che va « Dal Mali al Mississippi ».