La linea d’ombra

Ai Caraibi le ombre sono corte e la luce demoniaca. Non ho parlato con la gente del luogo, il tour non lo consentiva tanto

A Viñales c’è buona parte della produzione di tabacco del Paese. La vendita al turista è senza l’anello, che indica la marca, poiché il marchio connota il tipo di foglia usata: bassa, media, alta. Delicata, media o forte. Lo Stato assicura la sopravvivenza, i commerci con i visitatori il benessere, il surplus. Perché ogni guida lo dice, lo Stato di Cuba ha due monete: il pesos cubano e il Cuc, che vale quanto l’Euro, a queste si aggiunge anche il dollaro americano. Un’automobile costa un quarto di una casa, così bisogna scegliere di possedere o l’uno o l’altro. I bambini ricevono pannolini e latte dallo Stato fino ai sette anni, l’Educazione fino alle superiori, acqua, elettricità e gas a cifre irrisorie e la Sanità è fra e migliori del Centro America, tuttavia i medici cubani emigrano mentre nel Paese resta il peggio. Cuba non è mai stata comunista, bensì socialista. Ha ricevuto aiuti dalla Russia fino agli anni Novanta, porta i segni del connubio nell’architettura a blocchi e nella fame: un vuoto che non si colma né con il danaro né con piatti stracolmi di carne di maiale e pollo, riso, fagioli, mais, uova, patate. Le sterminate coltivazioni di riso, mango, banane, guaiava, arance, lime, pompelmi, mais, riso e canna da zucchero, rendono il paesaggio con cavalli, rare mucche e un esercito di coche – piccoli calessi a quattro ruote che trasportano persone -, un grumo verde rurale, silenzioso, disturbante demone bianco dei Caraibi, fra torture coloniali e pigrizia latina. Il riso si fa asciugare sull’asfalto e poi si raccoglie in sacchi. Mai vista una cosa così…

Spiriti, schiavi e magioni coloniali

Avete mai incontrato un Babalocha? A Trinidad c’è un uomo vestito di bianco, alto quasi due metri. È nato in epoca socialista e quando disse al padre che parlava con gli spiriti, rischiò di essere rinchiuso in un ospedale psichiatrico. Adesso vive un momento di lutto perché una delle sue figliastre, sulla strada degli Jabo, i novizi della Santeria che devono vestire di bianco per un anno, è morta, quindi per tre mesi non può leggere il futuro con le conchiglie, ma soltanto ‘limpiar’, purificare. Ha occhi tristi, è circondato da animali e aiutanti devoti. Non accetta denaro ma solo offerte

La sua magione è nella città coloniale, sulla piazza della quale un tempo si vendevano gli schiavi usati nelle piantagioni di canna da zucchero, lasciandoli esposti alla calura anche per tre giorni di fila. Il suo nome è Israel, l’altare è bianco e azzurro, l’energia che emana da questo luogo è velata. Il mondo dei doppi santi e degli Orisha si protegge e diventa sincretico. Quasi tutti a Cuba ricevono la mano di Orula, un talismano che significa che l’Opera di apertura del cammino è stata fatta e il sacrificio al

Anche Matanzas è città mistica, patria della Rumba. Lì mi sono avventurata in un barrio periferico per la lettura del futuro. Il Babalawo ha chiesto aiuto al suo primo, il cugino di primo grado. Mi hanno fatto togliere le scarpe, coprire le gambe con un asciugamano bianco ed è iniziato il rimescolamento di una pietra e un seme, contando poi su una una specie di collana con le conchiglie piatte. Il responso lo tengo per me

Viaggio sola

Ci ho messo sette anni a decidermi

Ci sono cose che a non condividerle rattristano e viaggiare mi sembrava fra queste


La spinta anarchica, quindi l’antipatia per i viaggi organizzati ha fatto il resto. Stavolta però non gliel’ho data vinta alle voci del döppelganger e ho usato la pazienza che avevo per arrivare nell’unica nazione che ha sconfitto spagnoli e americani: Cuba. Certo è che a fronte di un costo faraonico, Havanatour mi sta offrendo una visita da turista della domenica, che guarda le viscere perché ha lo schermo al plasma da quaranta pollici che lo aspetta a casa. Così, se in hotel dici che hai bisogno dell’acqua, non te la portano, se chiedi alla guida di vedere il Museo internazionale di Belle arti, ti propone di lasciarti lì davanti, e se vuoi provare qualcosa di autentico ti prenota una serata di ‘vera musica cubana per turisti italiani’. Epperò non mi sentivo pronta per lo zaino in spalla né per un trip in completa libertà. Così, pure da viaggiatrice ‘five minutes only’ ho visto una natura arcaica, il palazzo dove Luky Luciano, Franck Sinatra e Batista decidevano come organizzare il malaffare all’Havana, il quartiere dove Fuster ha copiato Gaudì, e dai vi farò sapere come butta…

Una giornata umida

Novantacinque percento di umidità. Il mio amico romano di Roma dice che Cuba l’hanno vista tutti e quindi, orsù, per dindirindina: non la fare così lungaIn Hotel ancora nessuna traccia di acqua da bere, in compenso una piccola blatta mi ha dato il buon giorno alle 5:30, ora locale. La vista però è da brivido caldo e i condor una novità alla quale non abituarmi. La nostra guida di chiama Elvis, ci ha raccontato dei doppi Santi – quelli cattolici e gli Orixas – del panteismo caraibico, della venerazione del popolo per Fidel e dei seicento tentativi americani di farlo fuori, dopo la Rivoluzione dei 1959 e la vittoria riportata alla Baia dei Porci. Tuttavia, nel giro dell’Havana vecchia e nuova nessun ingresso ai musei. Io e una coppia di vicentini davvero a modo, dell’età di mia madre, abbiamo ascoltato, commentato, sudato e fotografato l’impossibile. Ho evitato di ritrarre gli Jabo, almeno per il momento, si distinguono perché vestiti di bianco, e in quanto proteggono se stessi e il santo che sta loro sulla testa dal sole, con un ombrello bianco e per un anno intero. Siamo tornati in hotel passando dal Campidoglio in scala alle strade punteggiate di pozzanghere archeologiche, galline schiacciate, frutta tropicale e afrori, olezzi e piroette olfattive degne dei vecchi banchi di Parigi, descritti in Profumo di Süskind. Alle 20:30 si cena e per me saranno ancora uova.

La prima Cuba

Sedici ore di viaggio con un rancio anni Ottanta del secolo scorso. Un ingresso da Paese comunista. Nessuno del transfer all’arrivo. Una responsabile Alpitour si è messa a disposizione senza risolvere l’impasse. Poi l’idea di dividere il taxi ufficiale con un pasticciere pugliese arrivato a Cuba per lavoro. Il giro in aeroporto per cambiare gli Euro in Cuc, l’arrivo con una magnifica visione notturna di Plaza della Revolution e l’hotel enorme, diviso fra eleganza e sfascio. Tutti qui hanno un titolo di studio. Nuska nella foto è psicologa e lavora di notte, ci ha tenuto a dirmi che il suo è un nome di origine russa. C’è stato un tempo a Cuba che i nomi erano prevalentemente sovietici, almeno prima del cosiddetto período especial . Le ho detto che sono qui in cerca della vera Santeria, dopo avere divorato due uova fritte e un caffè americano.

Kintsugi

Il kintsugi (金継ぎ), o kintsukuroi (金繕い), letteralmente “riparare con l’oro”, è una pratica giapponese che consiste nell’utilizzo di oro o argento liquido o lacca con polvere d’oro per la riparazione di oggetti in ceramica (in genere vasellame), usando il prezioso metallo per saldare assieme i frammenti.

Da questo corpo poteva nascere qualcosa di nuovo. Voleva mettere dell’oro sulle cicatrici, come in un vaso rotto, impreziosito per le linee che lo avevano crepato. Aveva fiducia mentre prendeva l’autobus a sera inoltrata. Aveva fiducia quando toccava il corrimano della metropolitana, sul quale intuiva migliaia, anzi milioni, di sfioramenti uguali al suo. Se qualche uomo la guardava, sperava che vista da una finestra, da nuda, non gli avrebbe fatto orrore, così disseminata di rivoli d’oro cuciti insieme. Si vedeva come un arazzo con scene di caccia. Un bosco simmetrico, ossessivo e profondo come negli esperimenti prospettici di Paolo Uccello. Nel momento dell’incontro aveva accettato di fare un tatuaggio all’hennè su una sola mano e guardava e rimirava quelle trame come se stesse leggendo una storia. La voce di Leila, alle sue spalle, la fece sobbalzare

« Sveglia! Si parte »

« Bella sei! », disse la donna

« Cosa? »

« Sei bella »

« Grazie »

Rispose arrossendo e si sorprendeva di quella reazione da adolescente

«Il kintsugi è l’arte di esaltare le ferite. Può essere considerata una forma di arte-terapia, che vi invita a trascendere le prove affrontate trasformando in oro il piombo della vostra vita. Le vostre cicatrici, visibili e invisibili, sono la dimostrazione del fatto che avete incontrato e superato delle difficoltà. Rivelano la vostra storia, mostrano che siete “sopravvissuti” e vi infondono coraggio.»
(Céline Santini, Kintsugi- L’arte segreta di riparare la vita, Rizzoli, 2018, p. 9 )