Requiem con la banda

“Un poète mort n’écrit plus. D’où l’importance de rester vivant” (Michel Houellebecq, Rester vivant: méthode)

Ha vicino il libro di poesie che le ha regalato, il prezzo non è coperto dal bollino. Deve dedurne che ce lo aveva in casa, quindi non l’ha cercato e comprato, ma soltanto prelevato da un angolo della sua libreria. Le tracce sono importanti. Gli animali ne lasciano in continuazione. Prova così a tornare all’origine: la paura. Anche una madre ti abbandona; deve separarsi tagliando di netto un canale di nutrimento. No, quindi all’origine c’è la sofferenza. Senza non scriverebbe. Con molta probabilità si sarebbe suicidata. Ma uno scrittore morto è pur vero che non scrive più niente. Uno scrittore defunto si riposa, una buona volta, dal tormento di scavare per tornare all’inizio della storia. Alla malinconia, alla perdita e all’odio. Al timore di non appartenere a nessuno

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Iggy Pop e Michel Houellebecq

E arriva, comunque sia, il silenzio e il deserto; un modo interessante per sospendere le attività meccaniche e acquistare una specie di iper vigilanza. Un senso definitivo e aumentato d’impatto, che potrebbe, vero o no, avere il gusto dell’eternità. Voleva spiaccicarsi contro un muro, per scelta e con un trucco da diva. Una volontà pacifica e risolutiva, un tanto di vanità invece che pagare il prezzo della catabasi con l’isolamento e la mania di persecuzione. La settimana prima la sua casa era un nido, dopo una gabbia elettrificata. Mangia, beve caffè, si lava, caga, piscia, sbadiglia, fa la spesa. Origlia: l’udito radiante capta le urla dietro gli abiti stirati della gente che si è arresa. L’amico terapeuta le propone una cura per l’organizzazione borderline dei pensieri. Lei si adatta e accetta. Si adattano anche gli altri. È così aperta e ricettiva, così poco incidente sulla vita di coloro che ama. Come si fa? Una volta era capace di scomparire. Nei giorni di pioggia una parte di lei rumina ancora fino a dissolversi nella realtà. Lui non lo ha pensato, lo ha fatto: è svanito. “Sono un signore” le aveva detto qualche sera prima. E poi “Non rintanarti nel tuo angolo di buio e solitudine”. L’ascesa è così rapida e infruttuosa, così caduca, che non fa in tempo ad accorgersene che la luce è spenta. La lampadina si è fulminata con un piccolo, breve, intenso, scoppio. Quella possibilità contraria alla distruzione, che alberga negli spiriti affacciati dove si cade, poiché stanchi di restare nell’equivoco, è andata a sistemarsi nel mai più dei viventi. Per quale ragione non dovrebbe essere giusto conquistare un intero cosmo di ‘per sempre’

Pensa soltanto al passato e così le replica. Tuttavia, vuole sperimentare il sentire continuo, non ostacolato dalle regole della domanda e dell’offerta. Una mobilitazione emozionale potenziata, al contrario, dalla rarità dell’incontro e dalla costante dell’allontanamento. Se adotti un gatto, ti piace tanto il suo morbido pelo e vuoi continuare a godere della sua presenza, sei chiamato a nutrirlo e curarlo come si conviene, sennò crepa. L’amore viene prima, ti motiva nella presa di responsabilità. Dunque, non è lei a essere fragile, non è lei a essere codarda, non è lei a sottrarsi. È lui. Un lui che si sposta (non ama i gatti ed è narcisista) lo si trova dappertutto. Cambia la faccia, l’odore, il sapore, la forma ma gli è impedita la disperazione, in quanto non sa nemmeno chi sia e cosa gli serve per dirsi umano; così afferma il diritto di prendere ciò che può. Sa di potere consumare e per questo semplice fatto non c’è motivo di andare in profondità a cercare nutrimento. Laggiù potrebbe albergare l’origine, ossia la sofferenza. Che sia un requiem con la banda, a tratti anche esilarante, non vi è dubbio

“Non abbiate paura della felicità. Non esiste” (Michel Houellebecq, Rester vivant: méthode)

Perle di fiume

L’altro giorno in uno dei locali del centro dove va quando non ha nulla da fare c’era un tipo di Fano. Hanno cominciato a parlare del Festival dello sbattezzo. Un appuntamento anticlericale che permetteva a chi volesse cancellarsi dai registri della Santa madre Chiesa di farlo. Oggi non esiste più. Non tanto perché sono ridiventati tutti credenti, è che proprio a nessuno importa

JohnStezaker, Blind I, Collage 23.2 x 18.7 cm, 2006

Raul, si chiama Raul il tipo, aveva una cultura incredibile. Le ha detto di essere stato operato di tumore al cervello e per questo di essere ipovedente e danneggiato a livello neuronale, disoccupato e ai limiti dell’indigenza. I supermercati gli lasciano una cassetta con i prodotti appena scaduti, diceva. E se ha un dubbio, su una data o un fatto storico, visto che non ha uno smartphoneinternet, va a cercare risposte alla Biblioteca nazionale. Roma gli piace perché nessuno chiede perché non lavora, invece a Fano sì. Sembrava Einstein per quanto i suoi riflessi mentali erano allerta. Ha iniziato a parlare di Bologna negli anni Novanta, dell’occupazione del Pellerossa, delle notti in riviera e della musica alternativa. Non si capacitava di come Giovanni Lindo Ferretti, leader dei CCCP, poi CSI e PGR, fosse passato dal Punk militante alla dichiarazione di osservanza della teologia ratzingeriana. Le è venuta nostalgia ad ascoltarlo. Intanto un tipo biondo e giovane le ronzava intorno. L’indomani sarebbero andati a cena e poi le avrebbe confessato di essere fidanzato, ma questa è un’altra storia. Faceva freddo e stavano fuori come fosse primavera. Credo che questo postulato secondo il quale «Domani andrà meglio», per quello di Fano non esista. Voi direte «Perché è uno che non ha niente quindi è felice». Sbagliato. «Allora è contento di non avere responsabilità». Acqua. «Diccelo tu allora…» Beh, penso che sia la speranza. Non ha ammazzato la speranza. E questa vita minuta, in attesa che un Ente statale lo metta in graduatoria, perché sa parlar forbito e suo padre ne faceva parte, pagava i contributi così che quelli come lui potessero avere un posto, gli permette incursioni nel mondo degli altri. Privo però di quello spirito mercantile che innerva i rapporti nelle grandi città, e anche nelle piccole province. Oltre alla speranza c’è poi anche questo genuino amore sul sapere le cose. Come quando lei dipingeva e non si aspettava di avere una gratificazione narcisistica, era contenta lì, in quell’istante. Spazzava fuori il censore interno e restare isolata diventava la suprema forza del carattere

Non vuole confondersi però con le cose del mondo. Con la politica, la beneficenza e le mance. Ogni volta dice mai più, almeno per quanto riguarda l’opzione martirio. Digiuna a causa di serate che si ripetono e rivelano alcoliche e dispersive. Cerca di fare quello che vorrebbe dagli altri. Aiutare qualcuno, ad esempio, la fa sentire reale. Abbiamo attraversato le sue stesse strade. Ci siamo riparati sotto quei portici. Ma non si lascia andare ai regali generosi del caso. Gliel’hanno sempre rimproverato. «Non hai vissuto nel presente cara. Ti sembra saggio?». Il desiderio sale. «Lo senti?» le avrebbe detto il ragazzo nei giorni seguenti. Aveva preso un taxi dal locale al suo albergo ed era scappata. Il tassista le aveva chiesto come mai bella com’era stava tornando a casa da sola. Viveva in un albergo lei, come aveva sempre immaginato. «Lo senti bene?», aveva detto il ragazzo afferrandole i capelli nel pugno. È così poco abituata a scoprirsi che farlo è come entrare con nuovi occhi nella sua stessa faccia deformata dal piacere. Ha qualcosa di infantile che preme nel corpo: i seni piccoli, le labbra strette in un rifiuto, il ventre piatto. Usa questo paradosso fra rughe d’espressione e corpo da ninfa, non funziona come antidoto però. Con lui le ci è voluto uno sforzo. Perché l’ossitocina nel sangue era più intensa e tenace da abbattere. Il territorio dell’orgasmo è frutto di estraneità. Come se dovesse rischiare. E rischia. Prima di andarsene le ha chiesto il suo odore (un feticcio) – una maglia, una sciarpa -, in cambio le ha offerto la vista sul muro, dall’altra parte del cortile interno. Vedeva l’intonaco scrostato, quando le ha preso forte il collo. Guardando di fronte a sé ha smesso di percepire quello che stava accadendo dentro di lei e lo ha pensato. Il cielo non spiove in questa camera, ha osservato; la canzone sfuma e riparte su un letto orribilmente sfatto.

Perdonatemi, che si sia fatta sera

Il popolo dei Bambara chiama cane il membro virile e associa al cane il sesso. La docilità e fedeltà del cane sono solo una maschera per la ferocia che può esplodere, portando alla luce l’antenato che vive dentro di lui: il lupo, lo sciacallo, la iena

Deve calmarsi. Inspira sette volte ed espira altre sette. Cosa non si fa, cosa non si deve fare? Parlare del suo problema. Non sa contenersi. Le striscia fuori dalla bocca, viscido. Un topo morto, un muro a secco. Il sole. Un albero scheletrito e uno vivo. Oltre, il mare. Lui l’aveva presa lì, sulle pietre. L’aveva girata e con un po’ di sforzo era entrato fino in fondo. Mentre una tartaruga baciava la polvere. Non aveva sanguinato nonostante i tredici anni. Qualche volta lo sognava. Di spalle, a scuoiare un coniglio. Con le belle mani bianche ricoperte di un liquido scuro come inchiostro. Lei mascherata per un grande ballo, ma in un salone desolato. Con le candele accese e la musica inceppata su una domanda

Prendimi ancora, ripeteva. Ancora. Dal fondo della sala però, come un’ombra, cominciava a muoversi un cane che fulmineo si avventava sul suo polpaccio, addentandolo insieme a un lembo del vestito. Ecco, sentiva: è fatta. L’amore non è mai andato di moda se non nei racconti

 

Il demone della purezza

Di recente mi è venuta un’idea per un nuovo gioco a premi: si chiama “Il Vecchio Gioco”. In studio ci sono tre signori anziani con una pistola carica; ripensano alla loro vita, vedono chi sono stati, cos’hanno concretizzato, quanto sono andati vicini a realizzare i loro sogni. Vince chi non si fa saltare le cervella. Il premio è un frigorifero

(Chuck Barris, ideatore de “Il gioco delle coppie” e “The Gong Show”, occasionale sicario della CIA negli anni della guerra fredda)

“Mi ha toccato?”
“L’ho toccata?”
“Come ha osato?”
“In che senso?”
“Ha le mani così… e mi ha toccato?!”
“Non più lerce della sua faccia”
Angelica Garcia, Untitled
Angelica Garcia, Untitled
Il controllo deve essere severo. Sveglia. Discorsi. Caffè. Meditazione breve. Vestiti, calzini ed esercizi di osservazione alla finestra. Allo specchio. La posizione, mantieni la posizione perdio. Scaletta. Irritazione per l’approssimazione degli altri. Come cazzo si è permessa di sedersi sul letto? Due volte deiezioni diverse e lavaggi rettali accurati, le mani anche: dalle unghie ai gomiti, bene sotto le unghie. Caffè. Libri. Respirazione del fuoco e stretching. Ricordo sogno: Vomito un passero a pezzi, un uccello a brandelli. La testa e il becco interi. Un parto dalla bocca.
“Pensava che a succhiarmi l’uccello due volte già stavamo insieme”
Papà pisciava e si lavava nel lavandino dopo essere stato con quelle troie. Lo sapevo e non potevo dirlo a mamma. Mi rifiutavo. Io non sono come lui. Non ero come lui. Nella stessa stanza ero due persone diverse: per me e con lui. Due persone sedute dalla parte opposta del tavolo.
Tachicardia. Il Pater noster. Paura. Luce. Caffè. Riordino, raccolta carta, umido, plastica, vetro. Scelta cravatta. Pranzo con collega. La realtà ferma. Ferma, ferma, ferma. Pausa, fame. Messaggi. Tensioni. Sgrammaticature. Amico, strada, metro. Disinfettante mani. Cinema privato. Vino. Libro con sovra copertina blu. Chiamata madre. Buone notizie e cattive notizie. Fiato corto. Candele al vetiver. Il sole. La rabbia. Cesso e detersivi. Via tracce. Fughe del pavimento con lava unghie. Chiudere bene il water per fuoriuscita batteri fecali. Mal di testa. Peso sul cuore. La giovinezza è una cosa innocente. Messaggi. Sesso a pagamento senza contatto. Sesso e nulla. Essere nulla e rifiutare di scopare dopo avere pagato. Riviste pornografiche, nausea, musica classica. Purificazione
Telefono. Letto giù. Infradito. Bagno, asciugamano in lavatrice, libri tre e caffettiera. Amica. Respirazione breve. Affanno. Bollette. Strada. uscita, buio, percorso, supermarket, ascensore, porta, chiavi, di nuovo porta, stanza. Cena. Stanza, letto, film. È tardi, sempre tardi. Mi lavo.

Fiori sulle tue ginocchia sbucciate

All’angolo della strada, lo stesso da anni, quello che chiamavo in confidenza lo spigolo dei desideri, si era appoggiata lei. Il tacco rotto e un ginocchio sbucciato. Reggeva la borsa, l’ombrello e un pacco di carta con qualche arancia dentro. Dal punto di vista della strada non doveva essere così attraente

Reynold Reynolds, Secret Life, Still, 2008

Ma lo era per me. L’avrei baciata e sarebbe stato come tornare a casa. All’adolescenza. Alle gite notturne nelle case abbandonate e alle dolcezza delle bugie. Le menzogne che dilagano riportando l’anima nella sua naturale dimora. Muoviti amore mio, con quella busta che sta per rovesciare il suo contenuto. Scansa il passante che sta per urtarti. Anche se non sei bella dal punto di vista della strada. Sotto il mondo è pieno di ossessioni, come un fiume nel quale galleggiano rifiuti. Avrei voluto trascorrere con te le feste, i compleanni, accendere le luci del Natale. Presentarti una sola volta ai miei, per tenerti al sicuro dai giudizi e dalle pretese. Mentre il sangue ti cola giù dal ginocchio sorridi. Forse una parte di te ha catturato i miei pensieri e li porterà con sé stanotte. Nel sonno, oltre il mistero dei nostri cuori freddi e distanti come bombe innescate

Mi hanno trascinato via, non smetterò nonostante ciò di abitarti con le mie intenzioni migliori.

La letteratura è un’arma senza scrupoli e non ammette censure

La letteratura è un’arma senza scrupoli e non ammette censure

AtlantideZine

“L’ho incontrato una sera di primavera. Sono diventata la sua amante. La tuta di latex che indossava il giorno della sua morte gliel’ho comprata io. Sono stata la sua segretaria sessuale. È lui che mi ha iniziato all’uso delle armi. Mi ha regalato una pistola. Gli ho estorto un milione di dollari. Lui me l’ha ripreso. L’ho ammazzato piantandogli una pallottola in mezzo alla fronte. È caduto dalla sedia su cui l’avevo legato. Respirava ancora. Gli ho dato il colpo di grazia. Sono andata a farmi una doccia. Ho raccolto i bossoli. Li ho messi nella borsa insieme alla pistola. Uscendo ho sbattuto la porta”. Così tanto per gradire: un getto d’acqua ghiacciata in faccia al lettore e all’ambiguità melliflua di chi fruga nella perversione altrui per non vedere la propria, per esserne contagiato quanto basta a elettrizzare la propria libido e al contempo godere della certezza di restarsene al…

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