L’aria è piena di polvere. Micaela è ritornata indietro, come ogni giorno, dopo avere lasciato l’appartamento. Ha rimesso la chiave nella toppa rompendo la mattina in due. Con i suoi rumori.
Ho lasciato che le nuvole entrassero nella stanza. Questa stanza bordello nella quale pochi sono venuti a trovarmi e meno ancora hanno dormito. Sono terrorizzata dallo sporco e dalle malattie. Dal contagio. Da quello che uno porta con sé e che io non voglio vedere. Non mi interessano le porcherie degli altri. Mi importa solo di pulire bene la mia persona e il posto dove vivo. La mia camera ha le tende, i cuscini e il copriletto rosa barbie. Pochi libri: sono ricettacolo di acari e batteri.
Ho dei poteri, l’ho scoperto da bambina. Mi sentivo fluttuare sul corpo e sentivo oggetti e persone minacciosi e lontani. Intoccabili come le immagini cinematografiche. Da allora ho cominciato a riconoscere i pensieri della gente. Crescendo, ho maturato un’altra facoltà: se uno mi sfiora la mano so per certo se sarà per me un ottimo partner sessuale. Ma, lo farò entrare in camera solo dopo avermi fornito analisi complete del suo stato di salute. Oggi è prioritario che ci si incontri in luoghi neutri e ampiamente sterilizzati.
Ad aprile faccio la spesa all’Eurospin, è il periodo in cui non percepisco nessun salario. Quindi compro yogurt, fragole e quinoa. Aggiungo il miele quando me ne rammento. Un alimento dal quale si può ricominciare a vivere
Uscendo ho notato che è cambiato il tizio che chiede le monete. Ha un occhio azzurro che spicca nella lordura del viso. Quella mano che ha di certo rovistato nella spazzatura indifferenziata. Il cane spelacchiato accanto. Qualche volta una birra cinese vicino. Gli ho detto che può venire a trovarmi, domani, alle diciannove.
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