Anton in the jungle

Voglio dire che ho lasciato scuole e posti senza nemmeno sapere che li stavo lasciando. È una cosa che odio. Che l’addio sia triste o brutto non me ne importa niente, ma quando lascio un posto mi piace saperlo, che lo sto lasciando. Se no, ti senti ancora peggio
(Il giovane Holden, J.D. Salinger)

L’effetto di certi viaggi, soprattutto con funghi allucinogeni come la psilocibina, non si esaurisce presto. Talvolta mesi interi non sono sufficienti a pulire il fegato e attenuare gli effetti di tossicosi. A quel punto è necessario impegnare la testa altrove

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Nan Goldin, Bruce on top of french Chris 1979

Davanti allo specchio, mentre si pareggiava la rasatura ai capelli, le era scappata la mano e si era fatta un buco a pelle. Quel pezzo in meno era come l’effetto dei funghi e anche l’equivalente di una piccola anestesia emotiva. Seduta sul divano dell’analista, era imbarazzata dalle spiegazioni da dare. ‘Cosa ha fatto lì a destra?’ ‘Un tentativo di suicidio frutto di una grande confusione anatomica’. Intanto Anton stava nella giungla, in compagnia di babbuini, caimani e chissà quale altro diavolo di flora e fauna. Pervenivano da quel fronte notizie telegrafiche quanto irritanti. ‘Stai bene?’ ‘Dacchè non ci sei una favola’. A vent’anni era andata a un raduno degli Elfi, comunità di ispirazione anarchica che si era insediata nelle valli e provvedeva al proprio sostentamento grazie all’agricoltura e si riforniva d’acqua nel vicino fiume

Le regole erano semplici: vi diamo noi i generi di prima necessità, perciò non rompete gli equilibri con droghe, alcol e violenza. Sul terzo punto quasi nessuno aveva da obiettare. Durante il raduno, i tamburi venivano battuti senza interruzione. Il tam tam ripetuto induceva una naturale trance. C’erano trampolieri, mangia fuoco, seguaci dello yoga che praticavano nudi. Cani, bambini, anziani freakettoni dalla barba pulciosa e cavalli. Gli Elfi provvedevano a dare un pastone di legumi a tutta la bella compagnia. Così, una volta fatto l’Om in cerchio e digerito, se volevi potevi prendere il sole di maggio – che scottava più di quanto scaldasse –  in costume adamitico e senza restrizioni. Lei aveva barattato cena e pentole con un gruppo di dirimpettai di tenda, detentore di funghetti magici. Così la serata era scivolata in un lungo e tortuoso viaggio a colori. Lì aveva incontrato Anton, dentro una foresta di Mangrovie, e gli aveva domandato:  « Facciamo pace? », solo che allora Anton non lo conosceva proprio

Scrivile addosso quando non ti è possibile farne a meno

Se l’essere umano si estinguesse, la natura si riapproprierebbe senza problemi dello spazio lasciato libero. Questo pensiero è per me di assoluta consolazione

(Vitaliano Trevisan)

Lo sente come la quindicenne che fa entrare il compagno di classe nella sua stanza e nel suo corpo. Tiene un diario dove raccoglie cose importanti e segrete. Quindi non può avvicinarsi. Questa sensazione di intimità proibita e lancinante. Lo sa: anche lui lo pensa. Pensa: “interdetta”. O forse, più semplicemente, non pensa nulla e si limita a osservarla. Ci sono pochi passi dalla sedia al letto. Ma la velocità di lui è un’altra. Anche nei brani che gli fa ascoltare ci sono delle aree di disturbo. Per fortuna lo divertono

Sua madre le ripete al telefono che si butta via. Il tempo la trascina con sé e trova faticoso opporsi.

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Nan Goldin, Nan and Brian in bed, NYC 1983

Si deplora. Lo ha invitato a cena, è venuto. Lui ha mangiato un hamburger, lei salmone. Lei ha bevuto tre calici di vino per allentare la tensione. Hanno riso e parlato. Lui molto meno di lei. Ha evitato di guardarla dritto negli occhi. Non sa, comunque, se a mancare di raggiungerlo dipenda da una sua negligenza. Da un’ostruzione nello spirito d’iniziativa. Qual è il suo ritmo?

Guardala, è la Natura. Una natura coltivata. Come l’argine attraversa la campagna: «Ti raggiunge. Ti sposti». Le rogge si sono riempite così tanto d’acqua che il terreno la vomita in superficie. Le zanzare della pianura li divorano, mescolando il loro sangue

Le giornate sono afose e queste temperature, ne è certa, lo deprimono e lo stancano. Gli fanno desiderare di svincolarsi dalle passeggiate e dagli appuntamenti. Più semplice incontrarla in luoghi senza particolari caratteristiche. Anonimi e traslucidi come autogrill. Lei canticchia Sóley e pensa: “Sei un alieno”. Però lei si è adattata e perduta: “Tu no”, dice. Parlando a se stessa.

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Przemek Matecki, Landscape, oil, paper on canvas, 81 x 68 cm, 2007

— Non ti lascerò andare prima che tu mi abbia benedetto!

— Posso solo danneggiarti se ti tocco

— Tu puoi salvarti e… Salvarmi

— Il tuo è un atto di arroganza. Infantile

— Non è così

— Come fai a esserne certa?

— Sono solo innamorata. Ma non c’è più grandezza nemmeno nei grandi

— Essere pagato per quello che faccio è l’unica grandezza che conosco. Ma non sono in vendita, semmai in affitto…

Marco Ferreri I Love You
Marco Ferreri, I Love You, still from film, 1986

Quel  fatto di parlare a un morto resta una prova di carattere. Attraversare il rifiuto era, in ogni caso, quel tipo di tentativo che avrebbe preferito di gran lunga risparmiarsi. Il silenzio di un morto resta una condizione che chiunque vorrebbe evitare. Un’interruzione che devia il percorso nell’età dei ripensamenti. In qualche modo frutto della decadenza fisica e del fuoco. Un incendio la brucia e dovrebbe generare nuove arborescenze, lungo le zone morte. Così l’ostacolo è biblico. E l’angoscia il pegno che lascia a lui, per essersi spinta nella direzione sbagliata. Lei non sa più tornare a casa. Una casa che manca. Dopo cena si è aperta una possibilità. Infine, una lotta interiore con vecchi fantasmi e angeli vendicativi. La bambina è chiusa nella stanza e ha paura. La donna è inadatta ad andare da lui, a scoparselo o a farsi scopare: in questa prova c’è il fastidio dell’altro e l’attesa di una terra promessa sulla quale riposare. Prima o poi.

Giacobbe gli chiese: «Ti prego, svelami il tuo nome». Quello rispose: «Perché chiedi il mio nome?» E lo benedisse lì. Giacobbe chiamò quel luogo Peniel, perché disse; «Ho visto Dio faccia a faccia e la mia vita è stata risparmiata». Il sole si levò quando egli ebbe passato Peniel; e Giacobbe zoppicava dall’anca.