Il viaggio di Penelope e Calipso

“Prendi il pane”

“Sì”

“Non quello, prendi il più vecchio. Il pane non si butta”

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Siamo nate in una terra difficile. I rapporti fra le persone possono salvarti. O distruggerti. Un giorno abbiamo guardato l’alba dal balcone, carezzato i gatti, scelto un paio di libri importanti e siamo andate via. Delle lacrime ci vergognavamo. Nostra madre entrava e usciva dagli esaurimenti nervosi e dalle cliniche. Una serie di dottori andavano e venivano da casa nostra. Avremmo desiderato un padre cui appoggiarci. Ma un padre non c’era. Tanino sa tutto aveva deciso di imbarcarsi per un viaggio più felice del nostro, dal quale non sarebbe mai tornato indietro. Cos’è una madre? Ce lo siamo chiesti così tante volte che se la domanda fosse stata una pietra, si sarebbe sgretolata al fuoco della collera. Le pietre poi le ingoiamo e certe volte il fastidio ci tormenta, come quelle piccole spine di acciuga che ti si piantano in gola. Anche le pietre possono frantumarsi. Basta avere pazienza e aspettare. Amavamo ed eravamo riamate, almeno così ci sembrava. Eravamo in ogni caso troppo giovani per capire la differenza. Ammesso che ci sia una qualche differenza fra i fuochi del corpo e il tepore della protezione. Avevamo un anello e ne avevamo regalato uno uguale, nascosto dentro una torta. Tutto il resto tendeva all’eclissi.

 

Stanza I.

Le donne sono pericolose. Anche quelle anziane, pensavamo. Nella fattispecie, la vecchia aveva ottantacinque anni ed era una stronza. Ci Vietava di stare al telefono a lungo, di usare la lavatrice, di cucinare se non era presente. Lavatrice, telefono, cucina, interdit. Perché eravamo del Sud e la vecchia non si fidava di quelle del Sud. Parlavamo una lingua nazionale ma quello che stava dietro le parole non si somigliava. Ci impiegammo tre settimane a trovare il bar dello studente. Costo di un panino cinquecento lire, un affare. Zero gradi temperatura esterna, trentotto dentro la casa della vecchia malvagia. Dopo meno di un mese avevamo già collezionato: due bronchiti, sei multe sul bus, e due choc da nero libanese fumato in sala studi occupata. Avevamo anche conosciuto Yuri, che aveva composto la poesia dei consumatori dell’Lsd: “Siamo qui- siamo lì – siamo lì-qui-di”.